venerdì 18 marzo 2011

Pmi, Mosella: «Necessario sostenerne l’azione»

Intervento dell’on. Donato Mosella in discussione generale sul testo unificato delle proposte di legge “Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese” (A.C. 98-1225-1284-1325-2680-2754-3191-A)

Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, come Alleanza per l'Italia abbiamo seguito l’iter di questo provvedimento nella Commissione di merito; poi, per quelli che sono i fisiologici cambiamenti all'interno del gruppo misto, lo abbiamo un po’ perso di vista. Siamo qui oggi per riprendere una riflessione e un ragionamento che ci sta a cuore.
Il provvedimento che stiamo esaminando ci ricorda, se ve ne fosse bisogno, l'urgenza di mettere mano a provvedimenti concreti, che incidano nella realtà produttiva e sociale del Paese. Non so dire quanto lo Statuto delle imprese assolva a questo compito, certamente un contributo positivo lo dà e negarlo sarebbe ingiusto, anche per il lavoro di concertazione che vi è stato all’interno della Commissione e per il consenso largamente ricevuto.
Il nostro è un Paese fermo, che non cresce: l'economia italiana sta arretrando nel contesto internazionale. Secondo le stime dell'OCSE la crescita dell'Italia per quest’anno è prevista all'1,3 per cento, inferiore quindi alla media prevista per l’area euro (più 1,7 per cento), e ancor di più rispetto a quella prevista per i Paesi dell'OCSE (più 2,3 per cento). Abbiamo avuto modo più volte di dire in quest'Aula che non vi è stata una politica industriale mirata: sono mancati seri progetti, da parte del Governo, per rimettere in moto la macchina produttiva dell'Italia. L’attenzione è stata rivolta alle ricadute sociali delle crisi aziendali ma non alle iniziative di stimolo per la ripresa della crescita economica. Lo so, è banale dirlo, ma forse può giovare: senza crescita una società consuma più ricchezza di quanta ne produce e finisce su un piano inclinato al termine del quale vi può essere solo un impoverimento complessivo, con gravi effetti economici e sociali. Sarebbe importante - lo ribadiamo - investire in ricerca e sviluppo. Purtroppo l'Italia destina a questo settore solo lo 0,65 per cento del prodotto interno lordo, contro una media dell’Unione europea dell'1,21 per cento. Se qualcosa si è mosso nell’economia italiana non è stato per meriti politici, bensì per il lavoro in solitudine di tante piccole e medie imprese, che soprattutto nell'export sono riuscite a sopravvivere e a cogliere l'opportunità offerta dai mercati dei Paesi emergenti.
Ma la sopravvivenza di chi ce l'ha fatta non deve trarre in inganno: le piccole imprese sono ancora in crisi. Il profilo di questa crisi è tutto nel ridimensionamento degli organici, che significa disoccupazione, e nella pesante riduzione degli investimenti, che, inevitabilmente, non sono destinati, se non in minima parte, all’innovazione.
Il 2011 è iniziato con una pallida luce di speranza per le imprese italiane, ma sappiamo che l’instabilità geopolitica che caratterizza oggi il nord Africa e il rincaro delle materie prime rischiano di stroncare sul nascere una ripresa già debolissima.
In questo quadro, quindi, ben venga un provvedimento che vuole offrire sostegno alle imprese con una particolare attenzione proprio a quelle di piccole e medie dimensioni, che – giova ricordarlo – costituiscono una risorsa essenziale per il ruolo strategico che ricoprono nel sistema economico italiano. Sono, infatti, oltre quattro milioni cioè il 99 per cento delle imprese del Paese. D'altra parte, il rilievo assunto dalle piccole e medie imprese era già stato sottolineato dall'Europa con l'adozione dello small business act, ossia la comunicazione della Commissione europea del giugno 2008 recante una corsia preferenziale per la piccola impresa alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa introdotta in Italia con la direttiva del Presidente del Consiglio del 4 maggio 2010, con cui si riconosce il forte contributo fornito dalle piccole e medie imprese all'aumento dell'occupazione e al benessere economico e la necessità di creare condizioni economiche e giuridiche tali da rendere più agevole e attraente l'idea di avviare una nuova impresa. La sollecitazione è a collocare le piccole e medie imprese al centro dei processi decisionali, al fine di rafforzarne la capacità di creazione di posti di lavoro nell'Unione europea e di promuoverne la competitività a livello sia comunitario che globale secondo il principio “pensare anzitutto in piccolo”.
Nel merito del provvedimento, siamo in attesa di valutare gli emendamenti che credo saranno presentati anche dal Governo. Noi stessi ne abbiamo presentati quattro. Resta il rammarico per alcune norme, anche solo di indirizzo: atte a favorire misure di vantaggio per i giovani, per le donne e per le aree svantaggiate del Paese. Si tratta di temi tanto delicati quanto urgenti che ci auguriamo il Governo voglia recuperare in tempi rapidi. Temiamo fortemente che, al di là delle buone intenzioni, il provvedimento non risulti incisivo come dovrebbe. Nutriamo forti dubbi circa l'istituzione della Commissione bicamerale dedicata alle micro, piccole e medie imprese. Ciò non solo per il rischio di sconfinamenti sulla potestà regionale ai sensi del titolo V della parte II della ostituzione.
Non è chiara, per lo meno al momento, la funzione di merito di tale Commissione. Il rischio è quello di moltiplicare le competenze, provocando un appesantimento in termini burocratici a discapito dei dovuti controlli e delle verifiche che, invece, questo cammino dovrebbe necessariamente prevedere. Sarebbe più opportuno concentrarsi sulla valorizzazione delle regioni e delle relative commissioni, provvedendo al loro potenziamento e affidandogli il ruolo di valutazione e verifica dello stato di attuazione dello statuto. È utile considerare che da più parti lo statuto delle imprese è stato definito un provvedimento positivo, perché mette al centro le piccole e medie imprese, cerca di promuovere interventi adatti alla loro dimensione colmando le tradizionali distanze tra piccola e grande impresa che nel corso del tempo si sono ampliate. Sono apprezzabili i tentativi di valorizzare la libera iniziativa, l'assunzione del rischio, l’innovazione e gli interventi per liberare le imprese da costi e vincoli che ne limitano le potenzialità e ne comprimono la competitività.
La semplificazione degli oneri amministrativi e burocratici per chi avvia e gestisce un'impresa ne è un esempio importante. Viene anche fatto un passo avanti per agevolare e sostenere una adeguata cultura di impresa. È evidente che le scosse che servono al Paese per garantire la ripresa economica e far ripartire la crescita non necessariamente debbono passare attraverso la strada lunga della riforma costituzionale dell'articolo 41. Lo dimostra questo provvedimento di iniziativa parlamentare, che assicura alcuni vantaggi immediati e concreti alle imprese e che, a differenza della ricetta elaborata dal Governo, può collocarsi nell'ambito di quei provvedimenti che realmente si occupano dei problemi che affliggono gli operatori economici, le famiglie e i giovani.
Si tratta, quindi, di un lavoro in parte positivo che, almeno a livello di indirizzo, agisce sul sistema Paese. È chiaro a tutti, però, che così come molti altri provvedimenti ultimamente all’esame di quest'Aula è privo di risorse finanziarie. Si tratta allora di uno strumento estremamente burocratico e di indirizzo in cui leggiamo un forte distacco tra l'ispirazione anche contenuta nelle parole del relatore e del collega Vignali, che sottoscrivo soprattutto nella parte conclusiva, ma che però deve fare i conti con una realtà molto più complicata e complessa. Speriamo vivamente che non sia destinato ad essere, quindi, un mero esercizio di buone intenzioni.
Vista, inoltre, la larga convergenza di tutti i gruppi ci auguriamo che se questo provvedimento sarà approvato potrà dispiegare almeno alcuni degli effetti positivi che si propone. I nostri emendamenti e anche eventuali ordini del giorno andranno in questa direzione.

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