venerdì 18 marzo 2011

Gubbio come tutta l'ITALIA è CULTURA...non lasciamola in mano ad ignoranti!!!

L’intervento del Presidente del Presidente del Municipio Roma XVII
L’Italia è un giacimento culturale immenso. Una cava di tesori artistici, paesaggistici, architettonici e archeologici con pochissimi eguali al mondo. Eppure è su questo patrimonio ineguagliato che si stanno testardamente esercitando le forbici del governo. È come se la Germania chiudesse i propri bacini industriali, o gli USA togliessero risorse alla ricerca. Una specie di stupido suicidio. E invece, se in Italia prendesse corpo un’efficace "economia" dei beni culturali, se si avviassero investimenti in questo settore, ne ricaveremmo immensi benefici collettivi. Penso ad esempio al cinema, alla crisi di Cinecittà, a quel che significa la settima arte per la nostra cultura e per la nostra economia dell’audiovisivo, e mi viene lo sconforto. Possibile, mi chiedo, tanta miopia?
Non mi meraviglia, allora, il degrado dei nostri beni monumentali e dei siti archeologici, i patrimoni ambientali e paesaggistici minacciati dall’incuria e dall’indifferenza dei poteri pubblici, la fatiscenza di molte strutture, i “tagli” allo spettacolo, la musica colta ridotta a una Cenerentola, il teatro quasi senza più sostegni economici. Eppure i fondi pubblici sono indispensabili, perché tutelano le opere d’autore, aiutano la ricerca artistica. Gli investimenti privati sono utili e auspicabili, ma il mercato da solo non può dare la regola alla cultura. Una crescita omogenea, ampia, del movimento artistico e della ricerca richiede anche un diretto impegno dello Stato. Che oggi viene progressivamente a mancare, mentre si assiste a un’inevitabile fuga di talenti. Penso anche al territorio che amministro, il XVII Municipio di Roma. Il parco urbano di Monte Mario è ridotto a rifugio dei poveri e dei diseredati, che si raccolgono in baracche malsane e sfidano il freddo e la fame. La Biblioteca pubblica è costretta in uno spazio soffocante di 100 metri quadri, mentre è in stato di abbandono la struttura che dovrebbe accoglierla proprio sopra la piazza del Mercato Trionfale. Il Tevere a sua volta sembra un intruso, il ricettacolo di un degrado e di una lontananza urbana che mette persino tristezza, mentre i progetti dormono in un cassetto. Non abbiamo sale adatte a conferenze, convegni, incontri pubblici. Castel Sant’Angelo è stato utilizzato addirittura come discoteca. Questo panorama locale è lo specchio della povertà culturale e dell’indifferenza che avanza nel Paese. Non mette malinconia il fatto che la cultura si ridimensioni, ma che questo accada nell’indifferenza, anzi nella complicità di molti. Mentre le strade di Roma divengono buie, si spengono anche le luci dei palchi e delle macchine da presa. La Capitale, a 150 anni dall’unità, diventa un teatro desolato.
ANTONELLA DE GIUSTI

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